Dimenticare di avere ragione o torto

Da un po’ di settimane penso sempre più frequentemente ad un estratto del libro di Roth, “Pastorale Americana”.

In questo pezzo si parla dell’incapacità di comprendere appieno le persone e questa è una cosa che ho sperimentato tante volte (a chi non è capitato?), ma recentemente ne ho avuta una dimostrazione che reputo abbastanza eclatante.

<<Lotti contro la tua superficialità, la tua faciloneria, per cercare di accostarti alla gente senza aspettative illusorie, senza un carico eccessivo di pregiudizi, di speranze o di arroganza, nel modo meno simile a quello di un carro armato, senza cannoni, mitragliatrici e corazze d’acciaio spesse quindici centimetri; offri alla gente il tuo volto più bonario, camminando in punta di piedi invece di sconvolgere il terreno con i cingoli, e l’affronti con larghezza di vedute, da pari a pari, da uomo a uomo, come si diceva una volta, e tuttavia non manchi mai di capirla male.

Tanto varrebbe avere il cervello di un carro armato. La capisci male prima d’incontrarla, mentre pregusti il momento in cui l’incontrerai; la capisci male mentre sei con lei; e poi vai a casa, parli con qualcun altro dell’incontro, e scopri ancora una volta di aver travisato. Poiché la stessa cosa capita, in genere, anche ai tuoi interlocutori, tutta la faccenda è, veramente, una colossale illusione priva di fondamento, una sbalorditiva commedia degli equivoci. Eppure, come dobbiamo regolarci con questa storia, questa storia così importante, la storia degli altri, che si rivela priva del significato che secondo noi dovrebbe avere e che assume invece un significato grottesco, tanto siamo male attrezzati per discernere l’intimo lavorio e gli scopi invisibili degli altri?

Devono, tutti, andarsene e chiudere la porta e vivere isolati come fanno gli scrittori solitari, in una cella insonorizzata, creando i loro personaggi con le parole e poi suggerendo che questi personaggi di parole siano più vicini alla realtà delle persone vere che ogni giorno noi mutiliamo con la nostra ignoranza? Rimane il fatto che, in ogni modo, capire bene la gente non è vivere. Vivere è capirla male, capirla male e male e male e poi male e, dopo un attento riesame, ancora male. Ecco come sappiamo di essere vivi: sbagliando. Forse la cosa migliore sarebbe dimenticare di aver ragione o torto sulla gente e godersi semplicemente la gita. Ma se ci riuscite… Beh, siete fortunati.>>

Fit to be tied

[DISCLAIMER. Ho deciso di riorganizzare in maniera più organica i vari blog che avevo, anzi, che neanche ricordavo di avere. Riorganizzare significa “eliminarli”, però questo post che risale al 19.05.2010 voglio riportarlo interamente, perché mi ha ricordato un po’ di cose della mia adolescenza e mi ha fatto tenerezza. Sì, chiaramente sto invecchiando.]

Ore 21.05. L’incantevole libro di ‘Istituzioni di Diritto Civile’ è alla mia sinistra. Questa sera ho in programma la ‘Responsabilità civile e illecito’.

Non vedo l’ora, soprattutto dopo frasi come questa:

“La nozione fatta propria dal legislatore è quella del <danno morale soggettivo>, che coincide con il c.d. pretium doloris, cioè con l’ingiusto turbamento dello stato d’animo o lo stato d’angoscia transeunte (…)”

Sì, sono in uno stato d’angoscia in questo momento. E non è transeunte.

E con incipit come questi:

“In una visione panpatrimonialistica del diritto civile…”

E sì, la mia visione del mondo è sempre più pan-angosciata.

Ma al momento sulla mia scrivania, oltre al libro (e al codice civile, of course) ci sono nell’ordine: due libri di letteratura italiana per alleviare le pene di diritto privato (e perchè – dopo l’intervista di Fabio Fazio ad Angelo Guglielmi – ho sentito il bisogno feroce di acculturarmi leggendo qualcosa sul ‘Gruppo 63’), qualche foglio, un paio di penne, il cellulare, le gocce per il mal di gola, i fazzoletti per il raffreddore (sembro un lazzaretto, I know) e… la partecipazione di nozze di Paolo.

P-a-o-l-o.

Il ragazzo che più ho corteggiato (‘corteggiato’: fa tanto anni ’50 questo termine) in vita mia – invano, unfortunately* – il 22 giugno si sposa. Incredibile. Andare sarebbe come prendere parte ad una messa in scena in salsa campana de ‘Il matrimonio del mio migliore amico’. E non mi sembra il caso. La vita è già sufficientemente triste così.

Vigliaccamente ho detto che in quei giorni sarò in Inghilterra, che mi dispiaceva molto (molto) non andare, ma purtroppo avevo già prenotato e soprattutto pagato tutto e sai com’è

Non credo che lui ci tenesse molto alla mia presenza (forse la sua condizione di mio ex-potenziale ragazzo imbarazza anche lui), nonostante il ‘vorrei-tanto-che-tu-quel-giorno-fossi-presente‘ d’ufficio.

Ce ne faremo una ragione. Soprattutto lui.

*E’ doveroso precisare che l’unfortunately si riferisce a tempi passati, e anche trapassati, prossimi e remoti. Che il moroso non me ne voglia.

Hello, again.

E’ da qualche giorno che sento il bisogno di ritagliarmi del tempo per scrivere: è stato così che poi mi sono ricordata che anni fa avevo aperto questo blog.

Ora vedo che sono passati esattamente undici anni dall’ultima volta che ho postato qualcosa.

UNDICI ANNI.

Ma com’è possibile!?

Comunque, poco dopo aver aperto questo blog, ho iniziato la pratica come dottore commercialista, che mi ha assorbito completamente.

E poi niente, nel mezzo ci sono undici anni di vita: il lavoro, i viaggi, le letture, il matrimonio, un figlio e l’esame da dottore commercialista.

Ma questa volta sono tornata per restare.

Il mio secondo autografo

L’ultima (e unica) volta che ho chiesto l’autografo a qualcuno si trattava di Alessandro Del Piero.
E avevo quindici\sedici anni.
La settimana scorsa, però, non ho resistito…

I like

I like to see people reunited, I like to see people run to each other, I like the kissing and the crying, I like the impatience, the stories that the mouth can’t tell fast enough, the ears that aren’t big enough, the eyes that can’t take in all of the change, I like the hugging, the bringing together, the end of missing someone.